JUAN EUGENIO OCHOA
“DITTICO”
testo critico a cura della professoressa
Nadia Melotti
L’artista Juan Eugenio Ochoa, nella mostra Dittico, presenta una serie di ritratti singoli o a coppie, attraverso i quali indaga l’esistenza dell’uomo contemporaneo partendo dalla fragilità della propria identità. Nell’antichità la parola dittico si riferiva all’oggetto piegato in due tavole uguali, sulle quali venivano incise delle parole riferibili a dei nomi o a degli atti, che nel tempo si sono trasformate in immagini con funzioni liturgiche. Per l’artista questa inclinazione delle superfici attiva un percorso introspettivo attraverso il quale fermare lo sguardo in un tempo dilatato dell’osservazione. Dittico è l’incontro con sé e con l’altro da sé in una traccia di scorrimento dello sguardo, dove l’artista fissa l’apparizione come rivelazione e il processo pittorico come volontà di determinazione. Questi volti sembrano dissolversi in un rapporto fra luce e ombra fatto di sfocature impercettibili, come se il loro universo esistenziale fosse definito da una rarefazione dell’ego. Le persone appaiono o scompaiono come ombre strutturate dentro fasce cromatiche capaci di contenere, nella loro progressione ritmica, l’incertezza ed il mistero. Sono sudari le cui tracce d’esistenza vengono sussurrate, sono apparizioni che rivelano la nostra parte eterea, sono esseri spirituali che travalicano l’universo a-temporale e sono infine soglie attraverso le quali percepire il confine tra vita e morte, tra rarefazione e incarnazione. Il sé del pittore si ritira nella definizione del soggetto ma pone radici a terra nella cura del linguaggio. La luce viene posta come base di ricerca della visione attraverso un rapporto sapiente con l’ombra che progressivamente va a definire il volto e a coinvolgere lo spazio circostante come parte dell’opera. I piani di luce, attraverso l’inclinazione dei dittici, si moltiplicano trasformando l’atto pittorico in una organizzazione complessa di percezioni. La scelta rigorosa dei materiali e l’uso ragionato della tecnica fanno sì che l’artista ritualizzi l’epifania della creazione attraverso un tentativo di equilibrio tra concettualizzazione e abbandono poetico.
“Noi uomini siamo soltanto un battito d’occhio in questo universo a-temporale”
Willigis Jager
Ingresso Libero
Durata della mostra: 2 – 30 aprile 2017
La mostra è Patrocinata dal Comune di San Benedetto Po (MN)